lunedì 15 settembre 2014

portatori sani di giocosità


La vita di città con due bambini piccoli può facilmente trasformarsi in sopravvivenza quotidiana, per raggiungere la scuola o un parco cittadino scarsamente attrezzato, ma può anche riservare una inaspettata dose di possibili esperienze per trasformare quel meraviglioso periodo della vita che è l'infanzia in qualcosa di tipicamente urbano. 
Certo difficile collegare le due parole se si resta ancorati ai problemi del traffico, dei pericoli e dell'aria irrespirabile. 
Ma pensate alle infinite possibilità, o forse pensare non basta, bisogna passeggiare e provare, abbandonarsi alla città, muoversi a piedi, in bicicletta, usando i mezzi pubblici o i piccoli mezzi a due ruote. Esperienze di autonomia e di acquisizione di senso di sicurezza e controllo, conoscenza dello spazio, ricerca di punti di riferimento, sono alcune delle meravigliose conquiste da sperimentare in piccole dosi.
Non è facile, la città non ci aiuta ma la tentazione è grande, la soddisfazione, una volta tornati a casa, è quella che mi basta per credere che i piccoli stanno sicuramente pazientando, assecondando spostamenti che per altri sarebbero molto più comodi, ma stanno anche assorbendo e sperimentando una città che li mette davanti alla ricerca continua di mezzi per inventarne un'altra possibile, più rispettosa delle loro misure. E così svelano, senza saperlo, modi: di toccare, di guardare, di stravolgere il senso di un oggetto che diventa gioco e scoperta.

Attraversare la stessa città per anni e dopo tanti di questi accorgersi che vari livelli si sono stratificati, nuove strade hanno svelato le loro potenzialità, altre i pericoli, le difficoltà di movimento, gli spazi verdi sono diventati posti di avventure e conoscenze, ma anche fonte inesauribile di spunti per giochi all'aria aperta. 

La città dove viviamo non facilita di certo il rapporto che i bambini hanno con lo spazio pubblico, con il suolo che calpestano e con quello attraversato dalle automobili, così come se volessimo parlare di playground a Palermo dovremmo proprio fare uno sforzo di immaginazione, più facile sarebbe riscoprirne il senso o inventarne uno nuovo.
Per i bambini esistono poche aree gioco comunemente intese, mi riferisco alla classica area gioco con scivolo, altalena, e altri giochi per arrampicarsi, saltare, girare o dondolare.
Prima dell'estate la caduta di un bambino da un gioco presente in una delle ville cittadine (villa Trabia) e la conseguente denuncia partita dalla famiglia per il comune, ha suggerito all'amministrazione di togliere i giochi che avevano causato l'incidente. Giochi che da tempo erano anche stati usati male da ragazzi di età superiore a quella alla quale erano destinati e che comunque non erano mai passati al vaglio di una manutenzione prevista dalle normative dei giochi destinati ai bambini, ma con le normative meglio andarci leggeri, solo uno dei giochi presenti a Villa Trabia possedeva il 'tagliando di controllo dei giochi', stava lì appeso e niente di più. Un'area giochi che nel tempo aveva perso altri pezzi, da momento che non si procedeva alla riparazione del gioco rotto ma alla sua rimozione.





E non si va oltre. Al momento la città non è in grado di offrire uno spazio libero di playground, l'unico che funziona dignitosamente e nel quale i giochi sono in un buono stato (grazie alla sorveglianza organizzata dalla stessa associazione che gestisce il parco) è il Parco Uditore. Per il resto le notizie che arrivano dagli uffici responsabili della rimozione dei giochi sono che il comune assicurerà, quando ci saranno le risorse disponibili, la nuova fornitura. I tempi di questi interventi possiamo immaginarli.

Quello che sarà da verificare, ma forse meglio da anticipare suggerendo 'accortezze', sarà la tipologia dei giochi, il fatto che rispondano alle normative EN1176 e non a quelle CE (come dichiarato da un funzionario comunale in questa intervista e che, nel caso di forniture ottenute con sponsorizzazioni, non si prediliga la messa in mostra della targa dello sponsor, bensì quella obbligatoria prevista dalla normativa. Alcune info di base su normativa e manutenzione qui

Quest'ultimo episodio dei giochi e altri precedenti che hanno visto tante famiglie in prima linea impegnate per la restituzione all'utenza cittadina di servizi comunali legati a spazi gioco e ludoteche, delude per la mancanza di un piano e di una visione d'insieme. 
Non sarebbe così difficile per esempio procedere ad una mappatura di tutte le aree verdi, degli spazi gioco ma anche degli spazi pubblici intesi e vissuti come piccole piazze usate dai residenti, includerei i giardini e i cortili delle scuole. Andrebbe fatta per capirne le modalità d'uso, la tipologia di arredi e di verde, le attrezzature gioco presenti e quelle desiderate. Ci sono i consigli di circoscrizione sparsi nel territorio, se ognuno procedesse a svolgere un lavoro come questo avremmo un quadro più chiaro dell'esistente, dei bisogni, dello stato in cui versano le aree del centro come delle periferie e ci accorgeremmo che forse a mancare sono cose semplici, sono luoghi d'incontro naturali, che non necessitano dello sforzo poliziesco o vessatorio delle multe. 

Seguo, con un gruppo di associazioni, la gestione che il comune ha deciso di perseguire per la progettazione di piazza Magione.
In un altro post di 2% se ne parla.
Lo stesso gruppo ha curato un percorso di progettazione dei giochi possibili da collocare nella piazza (chissà se li metteranno mai). Percorso partito dalla scuola elementare che si trova proprio lì, su uno dei lati della piazza. 
Qui http://issuu.com/viviancelestino/docs/presentazione_lab_ferrara_2014 il report dei laboratori, per dire che i giochi possono essere pensati diversamente.
La connessione tra tutte queste attività e le sfiancanti relazioni con l'amministrazione è faticosa e la lentezza delle reazioni e delle risposte è spesso deprimente. Ma, a diverso titolo, soprattutto gratuito, ci sono zone della città che non vengono abbandonate alle scelte politiche ma che cercano di riportare alla luce gli aspetti sociali, le relazioni tra gli abitanti, le potenzialità naturali. Sarebbe bello conoscerle tutte. Per questo credo che, se ben organizzata, la mappatura funzionerebbe meglio se partisse ancora una volta dai cittadini. Ci proviamo?

E poi se si provasse a vedere come fanno in altri comuni? Solo per pensare 'possibili' delle idee da attuare anche qui, seppure con mezzi e risorse differenti.
Vedi ad esempio questa organizzatissima pagina del sito del comune di Torino (lontana anni luce dalla nostra, è chiaro).

http://www.comune.torino.it/verdepubblico/patrimonioverde/attivitanelverde/areegioco.shtml

O leggi questo bellissimo post di Giulia Mirandola sul blog dei Topipittori

http://topipittori.blogspot.it/2012/07/giocare-su-al-nord.html

O parti da quello che una città più o meno baby friendly dovrebbe avere come indicazioni quotidiane da tenere in conto in tutti i settori dell'amministrazione pubblica

http://sustainablecitiescollective.com/city-life/275611/baby-friendly-city


E' vero che ai bambini e alle bambine della città di Palermo mancano spazi gioco attrezzati che in altre, anche più piccole, è possibile trovare. 
Però è anche vero che si rischia di considerare solo lo stereotipo del gioco per i bambini: ai bambini piace scivolare, ondeggiare, girare, attraversare, scalare sono esperienze che infondono sicurezza, con un pò di attenzione da parte di chi li osserva ma lasciando ai bambini la libertà di fare l'esperienza da soli.
Quanto tempo passano a giocare su altalene e scivoli e quanto invece ad improvvisare giochi con gli altri bambini e con quello che l'ambiente naturale di un parco offre loro?
Penso a Villa Trabia in questi mesi di assenza dei giochi: c'è il parterre dove si gioca a calcio, il campo da cricket che i ragazzi indiani perimetrano a piacere, la pista da cross bike improvvisata, le collinette da scalare per poi scendere giù, i cani da accarezzare e quelli che ci puoi giocare un pò, le fontane e i pesci e fare finta di pescarli, la terra, le foglie e i legnetti, gli alberi per arrampicarsi.
Lo stesso succede in altri giardini di Palermo, senza che nessuno abbia dato una funzione a questi spazi verdi.


Gli spazi gioco per i bambini comunemente intesi, circoscrivono spesso l'esperienza e la scoperta di un luogo. L'uso libero e quotidiano della città ne potenzia al contrario il bagaglio immaginativo: andare a scuola in bicicletta sul seggiolino,da soli o a piedi, prendere un autobus, guardare la città da prospettive differenti.
Percorrerla da pedoni, con passeggini o biciclette, con una particolare attitudine ad usare qualunque cosa per giocare.
Gli spazi del gioco diventano quindi quelli non codificati dai piani sia a scala urbana che territoriale. Nessuna difficoltà quindi a giocare con strutture tipiche delle città come pali e paletti, dissuasori, alberi, radici penzolanti in continua crescita. Arrampicarsi sugli alberi è più naturale che salire una scaletta, usare la radice di un albero come corda è l'aspirazione dei piccoli che vedono farlo ai grandi.
Spazi verdi cittadini diventano luoghi di socialità spontanea come spontanea è la maniera di organizzare il gioco, ci sono caverne, sabbia, passaggi segreti, tutto in mezzo ad un carrubo o ad un ficus magnoloides. 



Il gioco per alcuni bambini, in città come nelle case, è l'assenza dell'oggetto precostituito, è entrare nel gioco, immaginarsi una realtà possibile, nella quale attraversare i propri limiti e provare la soddisfazione di una nuova scoperta o impresa.

http://www.andersen.it/liberi-di-essere-selvatici/

Questa non giustifica l'assenza di spazi gioco per i bambini, non vuole essere un'amara consolazione e nemmeno un suggerimento a pensarci bene. 
Questo punto di vista sulla città è lo stesso che avevo quando la percorrevo in bicicletta la notte per tornare a casa o la mattina presto per andare all'università, è il superamento di norme e comportamenti-barriera della vita collettiva, per sperimentare nei luoghi una socialità nuova, per attivare una percezione dello spazio che ci fa immaginare con i bambini una città diversa, per farsi guidare dalla loro fantasia e alimentare le nostre lotte.

Se non ci fosse questa componente quotidiana, questa modalità che attiviamo prima di uscire da casa, non ci salveremmo dal degrado e torneremmo a casa profondamente delusi e privi di esperienze utili. Pic hic, baratto di vestiti usati dei bambini, feste di compleanno sono alcuni dei modi già consolidati di stare insieme, creare e mantenere viva una comunità di famiglie intorno ad un luogo.

Noi siamo quelli che interpretano i luoghi, li caricano di significati nuovi, li tengono nelle memoria e provano, perché ci provano, a suggerire strade possibili, a stare dentro le cose, nei quartieri come nelle scuole pubbliche, con i nostri figli.
Noi ci esprimiamo compiutamente e non sentiamo da chi ci amministra tentativi di interpretazione.

Noi siamo quelli che seguono Zazie!







villa trabia


villa garibaldi


giardini della zisa




villa giulia



villa garibaldi


critical mass


villa trabia


centro culturale francese


via venezia



 villa trabia


villa giulia


villa trabia


via ruggero settimo


cantieri culturali alla zisa


via volturno (macchine targate AMAP)


villa malfitano


orto botanico




orto botanico

cortile scuola elementare luigi capuana


mondello



giardino falcone morvillo


via notarbartolo


villa garibaldi


galleria arte moderna




villa trabia



villa garibaldi 






lunedì 11 agosto 2014

le cose belle e le altre cose

Sarà che in estate da qualche anno vado in un posto che non è casa mia
nel quale non trovo ricordi o tracce di vita passata.
Sarà che forse non esiste più un posto così per me
Ho una casa che mi contiene in una città che mi ha accettato così come sono e che io mi faccio bastare ma nel frattempo mi adopero affinché molte delle sue innumerevoli facce cambino, nella quale ho trovato un posto, nella quale ho fatto nascere i miei figli e provo a destinare loro delle giornate piene e avventurose tra i pericoli e le inefficienze e le bellezze da scoprire.

Una città che in questi anni, la vivo da circa 20 di questi, si è come stratificata.
Gli stessi posti li frequento e li osservo adesso che li attraverso con i bambini e li penso quando erano i miei posti dello studio, delle scoperte, delle notti a piedi o in bicicletta.
A questi pensieri si sono legati in queste ultime settimane un film e un libro.
Senza che facessi nulla, cose che si riconoscono, che devo solo intrecciare con le mie parole, niente di più.

In una bella sera estiva, in uno spazio semi dimenticato e ricco di fascino della città dove vivo, Palermo, è iniziata giorno 23 luglio una rassegna di film e documentari, terminata proprio la scorsa settimana.
La prima sera, il 23 luglio, ad aspettarci un documentario italiano, Le cose belle (http://www.lecosebelle.eu)

4 storie, di ragazzi e ragazze napoletani, che vanno avanti e indietro nella vita
conosciuti dai due registi all'età di circa 10-13 anni nel 1999 (Agostino Ferrente  e Giovanni Piperno realizzano per Rai Tre il documentario Intervista a mia madre, con quattro adolescenti, Fabio, Enzo, Adele e Silvana, e una domanda: che ne sarà di noi?).
Gli stessi vengono ritrovati da grandi dieci anni dopo, le speranze e i desideri dell'età piccola si sono intanto trasformati, come la città che li accoglie e gli conferisce un'impronta forte, riconoscibile, forse anche pesante da sostenere come eredità di parole e comportamenti.
Ma ci sono sogni nei loro occhi, ci sono volontà e scelte da affrontare, rapporti con le famiglie alle quali in qualche modo restano vicini nella vita, fratelli e sorelle , una comunità, un quartiere, le strade nelle quali con disinvoltura ti muovi, sbagli, cerchi e cresci.
Storie e memoria sullo sfondo di una città che mescola tutto, che trascina i più deboli, nella quale restare se stessi è la sfida più grande.
Mi è piaciuta la schiettezza del racconto, senza un pensiero che non fosse quello dei protagonisti e delle storie capaci di dipanare un ragionamento più ampio che dalle scelte di vita di ognuno arriva al lavoro, alla famiglia ai figli, alla morte alla solitudine per accettare infine le cose belle, belle perché piccole e raggiungibili? forse no
belle perché grandi
Si augurano cose grandi, si aspira alla parte migliore di noi e della vita
anche se qualcosa ci riporta indietro, e in avanti si guarda a fatica
Mi piacciono le due donne del film, Silvana e Adele, quelle che da ragazzine volevano fare le modelle.
Poi, in qualche modo prendono in mano vita e famiglia, riconnettono rapporti dimenticati (commovente la scena di Silvana con sua mamma riprese mentre parlano dentro il reparto dell'ospedale) provano a trasformare un sogno come quello di ballare di Adele, solo che diventa un lavoro da fare di notte in un night club.
Però la passione è forte come la canzone che ci sta tutta nel film, che sia solo la passione che tiene in vita deboli speranze, accendendole, che sia il presentimento di un cambiamento necessario, che sia la musica o il corpo che cambia, o il corpo tenuto nascosto. L'ho sentita questa pulsione forte per tutta la durata del documentario, la stessa che ci riporta a quello che siamo. La stessa che mi ha collegato al libro finito in questi giorni 'La nostalgia felice' di Amelie Nothomb.
Nel libro la Nothomb ritorna in Giappone dopo 16 anni e qui rivede la donna che le ha fatto da madre i primi anni della sua vita e il suo ragazzo dei vent'anni, ritorna nella terra della sua infanzia dopo un terremoto 'che ne ha cambiato il volto e la memoria'
ritorna per 'chiedere ai luoghi di darle dei segni'.
Ritorna per scoprire come tutto o molto è cambiato:
'Più un dispiacere è banale più è serio. tutti hanno fatto questa crudele esperienza: scoprire che i luoghi sacri della prima infanzia sono stati profanati, che non sono stati giudicati degni di essere preservati e che è una cosa normale tutto qui'

Le cose belle del documentario si legano ad una parola giapponese che nel libro viene definita come la nostalgia felice, natsukashii, l'istante in cui la memoria rievoca un bel ricordo che la riempie di dolcezza.

La città di napoli e quella di tokyo diventano pagine sulle quali appuntare trame di vita, scrive la Nothomb: 'non ho mai capito tokyo. perché è così grande? non afferro la sua forma nè con la mente nè con il corpo. tokyo mi evoca la logorrea di un maniaco: non vedo la struttura del discorso, non riesco a fare luce né su una frase né sulla punteggiatura, posso solo lasciarmi attraversare da qual flusso inesorabile e assurdo. riesco a riconoscere un quartiere così come posso identificare un verbo, ma non so perché si trova lì. avrei voglia di domandare:ma che cosa stai dicendo? ma tokyo non mi consente di dire una parola. allora mi rassegno alla sconfitta'
Che poi in fondo non è proprio una sconfitta, lo sanno i personaggi, lo sanno i registi, lo sappiamo noi e lo sa la scrittrice quando scrive:
'Ognuno di noi invece può contemplare il mare, scalare una montagna e guardarsi intorno, innamorarsi: l'immensità è mille volte più alla nostra portata dell'infinitesimale- è per questo che tendiamo tutti ad aspirare a quello che ci supera, quello che sarebbe bellissimo se non fossimo persone che fanno tanta fatica a non ottenerlo'

E allora più che sconfitta è fatica, a restare fedeli a quell'aspirazione di tanti anni fa, così come a ritrovarsi nelle nuove vite, a tracciare percorsi nuovi che ci soddisfino, attraverso il racconto cinematografico, attraverso la scrittura, in un viaggio al contrario ricomponiamo i pezzi di tanti passaggi di vita, non aspirando di certo a chiarirli, ma a tenerli nonostante tutto.
Ma in questa passeggiata tra la vita di prima e quella di adesso, tra un ricordo e la sua trasformazione, la Nothomb sente gli sguardi intorno, in un parco dove torna a passeggiare dopo la sua lunga assenza dal Giappone, sono quelli delle nonnine, si: 'le nonnine si gustano la mia crisi. Calcolano che alla mia età, ne ho ancora per una trentina d'anni prima di smettere di essere educata. Dopo potrò fregarmene come loro'






mercoledì 19 marzo 2014

tutto comincia da una piazza, da un gioco, da una scuola


succede che mesi fa una giunta ispirata e dei tecnici comunali altrettanto illuminati decidano di mettere in piedi un progetto per quella che a palermo è conosciuta come piazza magione.
ecco comincio dal progetto per entrare subito nel merito della questione




metto da parte i commenti, che però sono troppi e non trovano posto (allora li butto via).

dopo aver visto questo progetto un gruppo di cittadini legati in vario modo a quel luogo propone di rivedere i punti punti di partenza in ragione delle prospettive future.
nell'area che il progetto intendeva trasformare in un'area sgambamento cani svolge un ruolo determinante in quel quartiere un campetto di calcio, spontaneo, come il gioco che vi si svolge e le dinamiche che attiva tra abitanti, ragazzi di tutte le etnie.
così nel mese di luglio 2013 si svolge una seduta del consiglio della prima circoscrizione e, in quell'occasione la dirigente dell'istituto scolastico che si trova vicino la piazza, propone di fare un incontro per presentare al quartiere il progetto.
l'incontro avviene a fine ottobre, a scuola, con i bambini e  le famiglie, una parte. ci sono i tecnici comunali, assessori, rappresentanti dell'amministrazione. in quell'occasione viene organizzata una partita di 24 ore che comincia a mezzogiorno circa del 31 e termina alla stessa ora del giorno dopo. coinvolge grandi e piccoli, in tutte le ore di vita di quel posto. quelle del giorno, del passaggio dei bambini e delle famiglie per andare a scuola, quelle del gioco, quelle della vita serale e notturna, forse un pò movimentate e rumorose ma comunque presenti.

durante l'incontro gli organizzatori della campagna sport popolare in spazio pubblico presentano un tentativo di analisi dell'area della piazza che non risponda solo alle esigenze di una parte della popolazione e propone visivamente quanto segue





















ecco. non era difficile immaginare un percorso, almeno darsi degli strumenti di analisi. crearseli o farseli suggerire dalla 'piazza', dalle persone.
in seguito all'incontro di ottobre i promotori della campagna sport popolare in spazio pubblico, in accordo con la scuola elementare ferrara, hanno iniziato dei laboratori con i bambini delle quarte e delle quinte. i laboratori hanno avuto come oggetto la progettazione della mobilità lenta nella piazza e della segnaletica appropriata e la progettazione di giochi, non elementi standardizzati da adattare alla piazza ma 'modalità' di gioco nuove e possibili.
alla fine di questo percorso durato un mese in accordo con l'amministrazione che avrebbe analizzato insieme a noi gli elaborati dei bambini, veniamo assorbiti dalla lettura di questo 'stupefacente' articolo


nel quale non si fa riferimento alle associazioni che hanno curato i laboratori, nel quale si assegna ai laboratori un titolo a fantasia e si descrive un processo alla fine del quale il merito sembra andare ad altri ma non a noi che questo processo di partecipazione lo abbiamo avviato. 

cose alle quali dovremmo essere abituati? no. il percorso continua e non si distrugge, continua nella chiarezza, nei modi semplici e diretti, nell'ascolto dei bisogni e dei sogni, nell'informazione e nella formazione di tutti se necessario. perché si prende parte per un quartiere e i suoi abitanti ma si denunciano pure comportamenti e si creano le condizioni per cambiarli. il percorso continuerà con la presentazione degli elaborati dei bambini e in un successivo momento di confronto per definire le modalità di avanzamento del progetto che, speriamo, venga definito attraverso una consultazione pubblica che porti alla definizione di un concorso, utile per moltiplicare i punti di vista e ampliare il numero di soluzioni possibili, di risposte alle richieste degli abitanti (tutti) e dei bambini.


è di questi giorni una segnalazione ripetutamente sottolineata, fotografata, scritta da genitori e abitanti sulla discarica a cielo aperto accanto la scuola (ringrazio giovanna per le foto)








il comune risponde così ad una cittadina-mamma-attivista come noi



fino a ieri mattina nulla era cambiato. i tempi di certi percorsi dovrebbero saltare procedure lunghe e articolate il perché leggetelo qui  http://www.nonsoloamianto.com/effetti-salute-eternit.htm

speriamo di non dover ricorrere al kit di rimozione
http://www.eternit-smaltimento.it/2011/kit-rimozione-amianto-autorimozione.html

o alle vernici incapsulanti
http://www.irisvernici.com/quaderni_amianto.htm

siamo stanchi
arriva la primavera
e vorremmo goderci quel poco che la città ci offre e ci permette di fruire in sicurezza. poco però.troppo poco.